I Ragazzi Venuti Dal Brasile by Ira Levin

I Ragazzi Venuti Dal Brasile by Ira Levin

autore:Ira Levin [Levin, Ira]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il seno di Hannah era asciutto e Dena piangeva, sicché, logicamente, Hannah era sconvolta. Era comprensibile. Ma era forse un motivo valido per cambiar nome a Dena? Hannah insisteva. "Non discutere" diceva.

"D'ora in avanti la chiameremo Frieda. È un nome ideale per un neonato, e a me tornerà il latte."

"Non ha senso, Hannah" diceva lui paziente, trascinandosi accanto a lei nella neve. "Una cosa non ha niente a che fare con l'altra."

"Il suo nome è Frieda" diceva Hannah. "Glielo cambieremo legalmente."

La neve si spalancava davanti a lei in un profondo baratro e Hannah vi scivolava dentro, con Dena che vagiva tra le sue braccia. Oh, Dio! Guardava la neve, ora intatta, e giaceva supino nel buio, su un letto, in una stanza.

Worcester. Labowitz. Sei ragazzi. Dena cresciuta, Hannah morta.

Che sogno. Da dove l'aveva tirato fuori? Frieda, poi! E Hannah e Dena che scivolavano in quel baratro...

Giacque immobile per un momento, strizzando gli occhi per scacciare l'orribile visione, poi si alzò — una fievole luce metteva festoni al bordo inferiore delle imposte — e andò in bagno.

Non si era alzato neppure una volta durante la notte; davvero una bella dormita. Non fosse stato per quel sogno.

Tornò in camera da letto, portò l'orologio accanto a una finestra, lo guardò in tralice. Le sette meno venti.

Tornò a infilarsi nel letto caldo, si tirò su le coperte e rimase disteso a pensare, la mente sgombra del mattino.

Sei ragazzini identici — no, sei ragazzini molto somiglianti, forse identici — vivevano in sei posti diversi, con sei madri diverse, tutte della stessa età, e sei padri diversi, morti di morte violenta, tutti della stessa età, con occupazioni similari. Non era impossibile; era una realtà, un dato di fatto.

Così andava studiato, dipanato, compreso.

Giacendo immobile e a suo agio, lasciò libero sfogo alla mente. Ragazzi.

Madri. Il seno di Hannah. Latte.

Il nome ideale per un neonato...

Buon Dio, ma certo. Doveva essere così.

Lasciò che tutto si combinasse assieme...

In parte, se non altro.

Così si spiegava il succo di pompelmo e il modo in cui l'aveva sbattuto fuori. Il modo in cui aveva sbattuto fuori anche il ragazzo. Prendendo in fretta una decisione, fingendo che a preoccuparla fossero i piedi scalzi e la mancanza di una vestaglia.

Rimase lì disteso, sperando che gli si chiarisse anche il resto. La parte principale, la parte di Mengele. Ma non fu così.

Eppure, un passo alla volta...

Si alzò, fece la doccia e si rasò, si regolò i baffi, si pettinò; prese le pillole, si lavò i denti, si infilò in bocca il ponte. Si vestì e fece la valigia.

Alle sette e venti entrò in cucina. C'era la cameriera Frances, e anche Bert Labowitz in maniche di camicia, che mangiava e leggeva. Dopo lo scambio dei saluti sedette al tavolo di fronte a Labowitz e disse: «Devo andare a Boston più presto di quanto pensassi. Posso venire con lei?».

«Sicuro. Parto alle otto meno cinque.»

«Perfetto. Devo fare una telefonata. Soltanto a Lenox.»

«Scommetto che qualcuno l'ha messa in guardia contro Dolly, il modo con cui guida.»

«No, c'è qualcosa di nuovo.»

«Con me si godrà di più il viaggio.



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